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venerdì 10 ottobre 2008

Contributo alla discussione sullo sciopero generale del 12 dicembre... da GlobalProject!

Postiamo un particolare e complesso punto di vista, opinabile quanto volete, su Cgil, sindacati di base, sciopero generale del 12/12 e "capacità ri-compositiva autonoma del movimento in funzione della rottura politica"

La proclamazione dello sciopero generale intercategoriale da parte della Cgil per il prossimo 12 dicembre ha aperto un serrato dibattito all’interno del movimento e del mondo del lavoro. Dopo un intero autunno di lotte, caratterizzato sostanzialmente dai movimenti, il sindacato di Epifani, stanco di rincorrere le mobilitazioni indipendenti ed autonome prova a segnare un punto di conflitto importante contro le scelte del Governo. Un autunno a rincorrere i movimenti, certo. Le oceaniche manifestazioni dell’Onda, gli scioperi improvvisi dei lavoratori Alitalia organizzati in comitati di lotta, le mobilitazioni della fine dell’estate dei movimenti in difesa dei beni comuni da Vicenza a Chiaiano e il livello di mobilitazione dei sindacati di base, hanno contribuito alla convocazione da parte del principale dei sindacati confederali dello sciopero generale.

Senza dubbio, la scelta di Epifani è una scelta di sopravvivenza, in altre parole una scelta dettata dalla necessità di riuscire a mantenere nei riguardi dei propri iscritti un minimo di credibilità rispetto ai tagli nel nome della crisi ed alle scelte di distruzione sociale che ne deriveranno da parte del Governo. Al tempo stesso, la scelta della Cgil risulta essere anche un modo differente di interpretare l’opposizione in questo paese, e la differenza tra la piazza del Pd e quelle della Cgil è assolutamente notevole. Coloro i quali sono stati tra i principali responsabili della ristrutturazione del mercato del lavoro sottraendo garanzie sociali e stabilità lavorativa, dei processi di privatizzazione ed esternalizzazione delle formazione pubblica nel nostro paese, coloro i quali hanno agito come imbonitori in funzione delle logiche di accumulazione del profitto per Confindustria facendo pagare un prezzo altissimo ai lavoratori, ebbene oggi decidono di fare lo sciopero generale. Mentre Veltroni davanti a milioni di persone al Circo Massimo parla di detassare le tredicesime, Epifani fa lo sciopero generale. Stessa funzione di compatibilità e compartecipazione con la logica di Confindustria, ma stili ed interpretazioni diverse.

Dunque cosa fare? All’interno del sindacalismo di base si è aperta, come prevedibile, una discussione. Dopo lo sciopero del 17 ottobre scorso, che, grazie anche alla partecipazione del movimento studentesco, aveva raggiunto gli oltre 300mila partecipanti, l’unità del sindacalismo di base è messa a dura prova dalle decisioni sullo sciopero della Cgil del 12 dicembre. Da un lato, la legittima posizione della Rdb, una posizione di netta presa di distanza dallo sciopero della Cgil, un’affermazione di incompatibilità assoluta con coloro i quali all’interno dei luoghi di lavoro svolgono una funzione di complementarietà con il padrone, di svendita dei diritti sociali acquisiti, costruendo un sistema clientelare all’interno del quale il sindacalista diventa una figura che di fatto è controparte del lavoratore. Una scelta quella della Rdb che si inserisce in uno scenario di “concorrenza sindacale” che si misura sulla coerenza e, se vogliamo, sulla rigidità delle scelte.

Dall’altro lato, Sdl, Cub e Cobas decidono di indire per lo stesso giorno lo sciopero generale. Un appello, quello delle tre sigle del sindacato di base, che si muove nella direzione di costruire uno sciopero generalizzato che parta proprio dai movimenti, dall’Onda, e che all’insegna del “Noi la crisi non la paghiamo” provi a costruire il protagonismo dei movimenti reali nel paese. Le scelte, quelle dei sindacati, dei sindacati tutti, devono necessariamente però tener presente una condizione: l’azione sindacale, anche quando e’ messa in collegamento con una prospettiva di rottura del sistema – e noi pensiamo che oggi questa debba essere la sua funzione – non significa che possa assolvere ai compiti politici della rottura. Questo l’azione sindacale non lo può fare in nessun caso. Ed è questo il punto.

Davanti ad una crisi globale che potrebbe cambiare in maniera definitiva gli equilibri e gli assetti delle garanzie sociali nel nostro paese, una serie di movimenti si stanno affermando in maniera forte, in piena autonomia ed in piena indipendenza dai partiti e dai sindacati, esprimendosi in modo radicale, e producendo di fatto, con una scelta di incompatibilità alle logiche della governance, la rottura politica.

Noi la crisi non la paghiamo! Questa è la rottura.

La ricchezza dei contenuti politici dei movimenti di questo autunno, in particolar modo dell’Onda, rappresentano la base per la destrutturazione del piano imperiale di far pagare a loro la crisi. Mentre il G8 viene sostanzialmente e definitivamente sepolto dal vertice americano del G20 sulla crisi, dando ragione a coloro i quali sostenevano che il G8 era diventato ormai un contenitore vuoto perchè vedeva l’assenza di alcuni tra i principali attori del mercato globale, nel nostro paese la discussione intorno ai sindacati come centrali politiche di opposizione, senza tener conto dei movimenti, ci sembra un ragionamento anacronistico. Oggi un tipo di discussione del genere può svolgere invece un lavoro controproducente, tanto da rappresentare un ostacolo concreto a quel tentativo ri-compositivo che i movimenti, in primo luogo l’Onda, stanno provando a fare.

Lo sciopero del 12 dicembre sarà uno sciopero vero a partire dal protagonismo dei movimenti reali e non dalla natura di chi lo convoca. I sindacati di base tutti restano ovviamente un interlocutore privilegiato dei movimenti, perchè sono quei lavoratori e lavoratrici che ritroviamo nelle nostre piazze, ritroviamo in un’ottica di costruzione più complessiva di opposizione sociale, ma oggi i sindacati di base devono capire che non spetta a loro la funzione di rottura politica in questo paese.

Dopo mesi di rincorsa da parte dei sindacati confederali ai movimenti, che hanno fatto dell’autonomia e dell’indipendenza un loro tratto caratteristico tale da costruire di fatto la sola opposizione vera nel paese, stare fuori da quella giornata per i movimenti sarebbe un errore. Rappresenta invece un’occasione nel momento in cui i movimenti sono in grado in quella giornata di cominciare a svolgere il ruolo di vettore di una ricomposizione sociale indispensabile per affrontare la lotta alla crisi ed alla ricetta del comando imperiale per fronteggiare la crisi. La valorizzazione di queste lotte, che oggi finalmente danno la possibilità di intrecciare l’Onda ed i movimenti in difesa dei beni comuni con il mondo del lavoro, rappresentano la nostra ricetta alla crisi.

Antonio Musella - centro sociale Insurgencia - Napoli

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