Informazioni e Appuntamenti

Autofinanziamento del collettivo: attivo di 229,47 €

LUNEDì 27 APRILE ore 11.00 Aula Magna della Facoltà di Lettere : Conferenza stampa promossa da LettereInMovimento con l'Ordine dei Medici ed i Professori della Facoltà di Lettere




venerdì 10 ottobre 2008

Contributo sull'autorganizzazione del movimento... Da AteneInRivolta!

Per una salutare autocritica, pubblichiamo un intervento dei compagn* di AteneInRivolta, area trotzkista (Sinistra Critica, Csp-Csu, collettivo Pantera, ecc...) del movimento, rispetto alle contraddizioni dell'assemblea del 15 e 16 novembre per quel che concerne l'organizzazione del movimento de L'Onda Anomala.

C'è da precisare che AteneInRivolta, nonostante questa proficua critica, ha contribuito a stendere ed approvare i report costituenti il "Progetto di Autoriforma per l'Università". Quindi non c'è stata nessuna spaccatura con l'area Uniriot, fautrice dell'irrapresentabilità integrale del movimento; quanto un porre dei problemi concreti.

Dopo la grandissima manifestazione del 14 novembre, migliaia di studenti e studentesse hanno partecipato alla due giorni di assemblea nazionale prevista alla Sapienza. Il 15 e 16 novembre l’Onda Anomala ha discusso sul suo futuro. L’enorme partecipazione – oltre 3.000 partecipanti e circa 400 interventi – dimostra la maturità di questo movimento: lungi dall’essere apolitico ha espresso, attraverso la discussione attorno all’Autoriforma dell’Università, una nuova idea di politica, vissuta con il nostro protagonismo diretto, che supera l’idea stessa di “antipolitica” verso un’idea di “autopolitica”. I report dei tre workshop sono infatti una ulteriore possibilità di lotta per trasformare le nostre condizioni materiali, ognuno con le proprie modalità e diversità, ognuno nei propri territori. Il 28 novembre sarà una nuova data di mobilitazione nella quale inondare le strade delle nostre città riproponendo le pratiche che ci hanno caratterizzato: partiremo dalle nostre università per riversarci nel cuore delle città paralizzando il traffico e la circolazione delle merci. Ed è con questo spirito che abbiamo deciso di attraversare il 12 dicembre, data dello sciopero generale. Uno sciopero importante che abbiamo chiesto con forza sin dall’inizio della nostra mobilitazione a tutti i sindacati, ma che ancora chiediamo di radicalizzare. Serve uno sciopero di 8 ore, disposto a divenire “coordinato e continuativo” per provare a vincere, a imporre a questo governo un drastico cambio di rotta.

Tuttavia, c’è un grande assente nella discussione di questi giorni. L’assemblea nazionale non è infatti riuscita ad affrontare un nodo fondamentale, che pure era previsto dal programma discusso unitariamente da tutte le assemblee alla Sapienza: le forme della nostra autorganizzazione. Aver impedito la discussione non risolve certo il problema. Il problema di inventarsi nuove forme di democrazia. Il problema di saper dare una capacità unitaria e vincente alla potenza multiforme del movimento. Chi deciderà come attraversare concretamente la giornata del 12/12? Chi deciderà come articolare la giornata del 28/11 e le settimane tematiche su didattica, diritto allo studio e precarietà proposte dall’assemblea nazionale? Non può continuare ad essere la sola Sapienza a dettare l’agenda del movimento a tutti gli altri Atenei in Onda. Cercheremo tutti di trovare creativamente delle soluzioni, ma la discussione rimane aperta, e non si può risolvere con la segmentazione, o peggio la divisione del movimento. Chi ha paura di noi non aspetta altro che utilizzare le nostre differenze per dividerci. Sta a noi sfruttare la ricchezza delle diversità, continuando a metterle a valore in un quadro unitario di movimento. La posta in gioco è riuscire a mantenere ancora a lungo alta la mobilitazione, e per farlo c’è bisogno di parlare nei momenti cruciali con una voce sola, di trovare delle date di mobilitazione comuni, delle pratiche riconosciute da tutti, delle parole d’ordine da urlare tutti insieme. È proprio questa unità che ci ha permesso in queste settimane di mettere in seria difficoltà il governo Berlusconi, di distruggere il finto consenso sociale su cui esso basava la sua forza decisionale.

Ora servirebbe un ulteriore salto di qualità per provare a vincere. Non ci sono soluzioni preconfezionate, non esistono formule magiche, ma è necessario interrogarsi fino in fondo su come sfuggire il leaderismo, su come costruire percorsi decisionali democratici, condivisi ed efficaci, consapevoli che solo attraverso una discussione collettiva è possibile conservare la forza travolgente che questo movimento ha sin qui avuto. Del resto, possiamo almeno imparare qualcosa da altri movimenti che hanno sperimentato vere e proprie forme di democrazia diretta, con delegati con mandati revocabili e non ripetibili, come abbiamo visto nel coordinamento degli studenti francesi vincenti contro il Cpe, o nelle assemblee popolari (Appo) delle rivolte messicane del popolo di Oaxaca.

Insomma, la discussione sulla nostra autorganizzazione, sull’idea di un coordinamento nazionale diretta emanazione delle assemblee di facoltà e di ateneo, di un luogo che trovi la sua legittimazione ad esistere solo nel movimento, di uno spazio di messa in rete e di discussione da preservare da rischi di burocratizzazione utilizzando strumenti concreti come la revocabilità e la rotazione settimanale dei delegati, è una discussione che noi che abbiamo dato vita al sito ateneinrivolta.org pensiamo vada fatta ateneo per ateneo, facoltà per facoltà. Così come crediamo che anche i report usciti dai workshop dell’assemblea nazionale vadano discussi, criticati, arricchiti da tutte le assemblee di facoltà in giro per l’Italia, per educare noi stessi alla pratica della democrazia partecipata e per rendere concreti nelle pratiche di movimento gli obiettivi che abbiamo espresso.

Noi pensiamo sia arrivato il momento di aggredire tutte le controparti, non accontentandoci più di azioni simboliche, ma provando a strappare risultati concreti. Continueremo a chiedere il ritiro della 133 e della 169 provando insieme ai lavoratori a bloccare il paese. Ma dobbiamo anche pretendere dai rettori dei nostri singoli atenei che quei tagli non vengano pagati da noi, assediando e bloccando i rettorati, pretendendo impegni dai Cda a non aumentare le tasse, praticando autoriduzioni nelle mense universitarie e chiedendo alle varie Aziende per il diritto allo studio abbassamenti dei prezzi per Case dello studente e mense, chiedendo al Governo più residenze universitarie e borse di studio, chiedendo il diritto alla mobilità, all’accesso alla cultura (cinema, teatri ecc.) e alla casa aprendo vertenze con Comuni e Aziende per il trasporto per tariffe agevolate per studenti/esse.

Con le nostre pratiche pacifiche vogliamo reinventare una nuova politica nazionale per il Diritto allo studio, per un nuovo Welfare. E ancora, praticare una nuova didattica mettendo in discussione i programmi ufficiali, assediando i Consigli di facoltà per pretendere la fine della frequenza obbligatoria e l’accorpamento degli esami, per scardinare i saperi minimi del "3+2" che ci preparano ad un futuro di precarietà.

È infine necessario aprire un dialogo costante con il mondo del lavoro, organizzando iniziative di confronto tra studenti e lavoratori, come il volantinaggio organizzato dagli studenti/esse di Torino davanti i cancelli di Mirafiori, costruendo insieme rivendicazioni unitarie per non pagare la crisi. Le statistiche di Almalaurea sulla condizione lavorativa dei neolaureati ci forniscono infatti una riflessione inedita. Un neolaureato dopo tre anni dal conseguimento della laurea percepisce uno stipendio attorno ai 900 euro, inferiore alla media del salario di un operaio metalmeccanico che si aggira attorno ai 1.100. Questa condizione ci consegna un rapporto tra studenti e lavoratori assolutamente ribaltato, e una potenza inedita di una nuova unità. Non c’è più lo studente privilegiato, ma piuttosto esiste una condizione comune riassuntiva nella condizione di lavoro e di vita che molti di noi vivono sulla propria pelle: la precarietà.

E allora, l’abolizione di tutti i contratti atipici, la richiesta di un salario minimo intercategoriale a 1.300 euro al mese e di un reddito sociale – come uscito dall’assemblea nazionale – possono concretizzare l’urlo delle nostre piazze: NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO, un noi non relegabile alla sola dimensione studentesca, ma un noi che parla direttamente a lavoratori e lavoratrici, a tutti gli sfruttati di questo paese.

La grande partecipazione all’assemblea nazionale segnala che, dopo ormai più di un mese di mobilitazione, questo movimento è vivo e gode di ottima salute. Sta a noi adesso capire come fare a vincere.

L’Onda non si ferma!

AteneInRivolta



Nessun commento: